domenica 7 marzo 2010

La scienza della decisione di Berthoz

Penso che la decisione sia una proprietà fondamentale del sistema nervoso, e che la capacità di prendere decisioni complesse, di deliberare, sia dovuta a una modificazione di tutti gli stadi dell’organizzazione del sistema, e non soltanto alla comparso di moduli nella corteccia frontale. Il cervello non decide in funzione del valore assoluto della gratificazione, ma in funzione del valore soggettivo, della differenza tra ciò che ha previsto o desiderato e ciò che ottiene. [...] La concezione che propongo io, vede il cervello come una parte del mondo, che ne ha interiorizzato le proprietà, ne emula alcune, ma riferendole ai propri fini, un cervello che costruisce la realtà esterna proiettando in essa le percezioni, i desideri, le intenzioni. Esso semplifica il mondo in funzione delle proprie scelte, percepisce soltanto quello che vuole percepire. Ad esempio, crea una serie di regolarità negli stimoli del caso. Questa individuazione di regolarità è obbligata e non cosciente, visto che non implica nessuno sforzo di attenzione. Il cervello non simula soltanto, è un emulatore che crea il mondo come nei sogni. [...] rappresenta una serie di sceneggiature. [...] La teoria di Rolls enuncia che le vie corticali di elaborazione dei dati sensoriali sono protette da ogni interferenza dell’emozione fino a uno stadio molto elaborato dell’analisi percettiva. Questo stadio sarebbe quello in cui si creano invarianti percettive [...] L’emozione, in questo approccio, interviene aggiungendo - come prevede la teoria dei marcatori somatici di Damasio - un valore, nel senso più ampio della parola, a questa percezione ricostruita. Per contrasto, le vie corte scoperte da LeDoux consentono di innescare velocemente un repertorio di comportamenti essenziali per la sopravvivenza - come la fuga, l’aggressione, la sottomissione. [...] Il cervello avrebbe dunque a disposizione almeno due meccanismi, apparentemente molto differenti. Uno, comparso presto nel corso dell’evoluzione e legato alla sopravvivenza, è rapido. In questo caso la decisione è il frutto di una cooperazione stretta e obbligata tra l’emozione e la percezione. [...] L’altro è comparso più tardivamente nell’evoluzione. Presuppone una complessa elaborazione delle informazioni dei sensi, ma, soprattutto, è la proiezione delle intenzioni, dipende dal passato, dalla storia dell’individuo e dal gruppo sociale, dalla cultura.
[...] Come riconciliare questi due punti di vista? Attraverso il concetto di eterarchia delle decisioni - le decisioni sono prese a tutti i livelli, e ogni livello influenza quello precedente e quello successivo – e modificando la concezione del funzionamento del cervello. Invece di considerare l’emozione solo come una reazione, bisogna considerarla un mezzo di preparazione all’azione. L’emozione è uno strumento per la decisione, è il potente mezzo di previsione di un cervello che anticipa e progetta le proprie intenzioni. [...] L’emozione in particolare attiverebbe i meccanismi dell’attenzione selettiva, e indurrebbe invece di una deformazione del mondo percepito, una selezione degli oggetti percepiti o trascurati nel mondo, modificherebbe profondamente la relazione tra la memoria e la percezione del presente. L’emozione, guida dell’attenzione, sarebbe un filtro percettivo [creativo]. [...] La funzione principale del cervello è quella di prevedere le conseguenze dell’azione in funzione dei risultati di azioni passate; la memoria serve essenzialmente a prevedere il futuro, non soltanto a ricordarlo. Decidere è dunque prevedere  una serie di conseguenze future delle azioni, ma è anche valutarne la pertinenza in rapporto al vissuto del reale attuale (p. 370 e seguenti).
Nonostante le teorie che vedono nell’e-mozione solo la preparazione del corpo verso un’azione, cioè a ex movere verso qualcosa, Berthoz riprende la definizione di Sartre secondo cui l’emozione: “è una trasformazione del mondo. Quando le vie tracciate diventano troppo difficili o quando non scorgiamo nessuna via, non possiamo più rimanere in un mondo così pressante e così difficile. Tutte le vie sono sbarrate, eppure bisogna agire. Allora tentiamo di cambiare il mondo; cioè di viverlo come se i rapporti delle cose con le loro potenzialità non fossero regolati da processi deterministici, ma dalla magia”. [...] Il ricorso alla magia è importante: per Sartre, tutte le emozioni “concorrono alla costituzione di un mondo magico, utilizzando il nostro corpo come mezzo d’incanto”, [come filtro creativo] (p. 63).
 
Tratto da “La scienza della decisione” (2004).

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